Espressione genetica corticale e rapporti con autismo e schizofrenia

 

 

ROBERTO COLONNA

 

 

NOTE E NOTIZIE - Anno XXI – 27 aprile 2024.

Testi pubblicati sul sito www.brainmindlife.org della Società Nazionale di Neuroscienze “Brain, Mind & Life - Italia” (BM&L-Italia). Oltre a notizie o commenti relativi a fatti ed eventi rilevanti per la Società, la sezione “note e notizie” presenta settimanalmente lavori neuroscientifici selezionati fra quelli pubblicati o in corso di pubblicazione sulle maggiori riviste e il cui argomento è oggetto di studio dei soci componenti lo staff dei recensori della Commissione Scientifica della Società.

 

 

[Tipologia del testo: RECENSIONE]

 

L’organizzazione morfo-funzionale dell’encefalo umano, che realizza il più complesso sistema di sistemi che si conosca, è uno straordinario progetto biologico che si avvia nell’embriogenesi e si sviluppa grazie all’espressione coordinata di migliaia di geni. Si cominciano a conoscere gli elementi determinanti e le logiche biologiche seguite: ad esempio, il primo componente principale (C1) della trascrizione corticale identifica una gerarchia neurofisiologica di regioni della corteccia cerebrale, che vanno da quelle che includono le aree sensoriali e motorie a quelle comunemente definite “associative”.

Richard Dear e colleghi, con un’elaborazione ottimizzata dell’Allen Human Brain Atlas, hanno rilevato due nuovi elementi dell’architettura dell’espressione genica della corteccia cerebrale: C2 e C3. Proseguendo nello studio hanno individuato elementi per riconoscere precisi programmi trascrizionali generalizzabili, che sono coordinati all’interno delle cellule e sviluppati per fasi durante lo sviluppo embrionario e post-natale, stabilendo dei rapporti con le alterazioni genetiche dei disturbi dello spettro dell’autismo (ASD) e dei disturbi psicotici ricondotti alla diagnosi di schizofrenia.

(Dear R. et al., Cortical gene expression architecture links healthy neurodevelopment to the imaging, transcriptomics and genetics of autism and schizophrenia. Nature Neuroscience – Epub ahead of print doi: 10.1038/s41593-024-01624-4, 2024).

La provenienza degli autori è la seguente: Department of Psychiatry, University of Cambridge, Cambridge (Regno Unito); Wellcome Centre for Human Neuroimaging, London (Regno Unito); Lifespan Brain Institute, Children’s Hospital of Philadelphia and Penn Medicine, Philadelphia, PA (USA); Department of child and Adolescent Psychiatry and Behavioral Sciences, Children’s Hospital of Philadelphia, Philadelphia, PA (USA); Department of Psychiatry, University of Pennsylvania, Philadelphia, PA (USA); McConnel Brain Imaging Centre, Montreal Neurological Institute, McGill University, Montreal, QC (Canada); Turner Institute for Brain and Mental Health, Monash University, Melbourne, VIC (Australia); Department of Psychology, Yale University, New Haven, CT (USA); Section on Development Neurogenomics, National Institute of Mental Health, Bethesda, MD (USA).

Come abbiamo ricordato la settimana scorsa in una recensione alla quale rimandiamo[1], in quanto in stretto rapporto con l’argomento dello studio qui presentato, la neurobiologia e la genetica della schizofrenia sono state affrontate in due sintetici articoli monografici recenti dal nostro presidente: Note e Notizie 16-09-23 Appunti di neurobiologia della schizofrenia, Note e Notizie 23-09-23 Appunti di genetica della schizofrenia, che possono essere letti per introdursi all’argomento. Inoltre, ricordiamo che per un’introduzione alla neurobiologia, alla genetica, alla patogenesi e alla fisiopatologia della schizofrenia si può anche fare riferimento a un altro nostro recente articolo (Note e Notizie 09-03-24 Infiammazione nella patogenesi della schizofrenia), che include anche numerosi riferimenti ad aggiornamenti della ricerca in questo campo.

Nello studio presentato la scorsa settimana si considerano la schizofrenia e i disturbi dello spettro dell’autismo (ASD) quali opposti estremi di una patogenesi neuroevolutiva: il cervello di bambini affetti da ASD presenta un eccesso di sinapsi asso-dendritiche (spine) e connessioni non selezionate, verosimilmente per difetto del processo di eliminazione selettiva; mentre il cervello degli schizofrenici è caratterizzato da un difetto delle stesse sinapsi e connessioni, verosimilmente per un eccesso di eliminazione. Questa concezione patogenetica è nota come “ipotesi del pruning” o dell’alterazione dei processi di eliminazione sinaptica.

Introduciamoci all’ipotesi del pruning:

Associate a questo difetto di working memory si rilevano alterazioni dei neuroni piramidali della corteccia prefrontale, fondamentali nei processi di ritenzione a breve termine dell’informazione. La maggior parte delle numerosissime sinapsi delle cellule piramidali corticali è localizzata presso le spine dendritiche ed è costituita da giunzioni di assoni afferenti all’arborizzazione dendritica piramidale; la massima parte delle spine forma il comparto post-sinaptico di una giunzione, per questa ragione il numero delle spine dendritiche di un neurone piramidale si considera una misura approssimativa della sua quantità di connessioni e, soprattutto, della ricchezza di informazione che riceve.

Le spine dendritiche cominciano a formarsi, nei neuroni piramidali della corteccia, durante il terzo trimestre di gravidanza. Dopo la nascita e durante i primi anni di vita il numero delle spine dendritiche e delle sinapsi si espande rapidamente. Questo ritmo di crescita è impressionante e, come è noto, il cervello di un bambino di 3 anni contiene il doppio delle sinapsi di un cervello adulto. Dopo questa esplosiva moltiplicazione, interviene un processo di selezione in gran parte competitiva, che si sviluppa come una potatura (pruning).

Intorno all’epoca della pubertà ha inizio un processo di pruning sinaptico che efficientemente rimuove le sinapsi non funzionanti, comprese quelle che di fatto non intervengono a supporto della memoria di funzionamento. Durante l’adolescenza e fino all’inizio dell’età adulta, questa eliminazione di sinapsi, formate dalle spine dendritiche dei neuroni piramidali corticali con i terminali assonici afferenti, diventa particolarmente intensa ed efficace.

Nella schizofrenia, il processo di selezione sinaptica per eliminazione risulta notevolmente alterato a partire dall’adolescenza: il pruning non è appropriatamente selettivo e causa una massiccia perdita di spine dendritiche con le annesse sinapsi. Conseguentemente, i sistemi neuronici connessi con le cellule piramidali della corteccia prefrontale, importanti per la working memory e numerosi altri processi cognitivi, perdono drasticamente spine dendritiche, connessioni sinaptiche e informazione afferente. Irwing Feinberg, attualmente all’Università della California a Davis, ha avanzato per primo l’ipotesi che questa eliminazione eccessiva costituisca il processo principale nella patogenesi della schizofrenia[2]; David Lewis e Jill Glausier dell’Università di Pittsburgh hanno fornito molte evidenze a supporto di questa interpretazione e, facendo il punto dei risultati sperimentali a distanza di ventitré anni, hanno confermato la tesi di Feinberg[3].

Intanto, numerosi studi hanno documentato anche per i neuroni piramidali dell’ippocampo – un importante hub per l’apprendimento e la formazione di memorie esplicite – una simile perdita di sinapsi delle spine dendritiche.

Da tempo i ricercatori si chiedono per quale ragione vi sia nel cervello schizofrenico questa eliminazione eccessiva. David Lewis ha seguito questo ragionamento per formulare un’interpretazione estesamente accettata dalla comunità neuroscientifica: il pruning sinaptico ha il fine di liberare l’economia energetico-metabolica del cervello dal peso di dendriti superflui perché non funzionanti, dunque l’eccesso di eliminazione potrebbe derivare non da un errore di potatura che eliminerebbe sinapsi attive, ma da un numero patologicamente alto di dendriti inattivi. Se le cose stanno così, come sembrano dimostrare le osservazioni sperimentali, allora bisogna identificare il fattore che impedisce ai neuroni piramidali di ricevere un flusso di segnali sensoriali sufficiente a mantenere attivi i dendriti, con le loro sinapsi sulle spine.

Considerando i neuroni piramidali della corteccia prefrontale, si è individuato il responsabile di un basso flusso di segnali sensoriali nel talamo, la grande formazione grigia che elabora e invia alla corteccia l’informazione sensoriale. Il difetto del talamo nella schizofrenia è stato attribuito a perdita di neuroni. Questa traccia ha ispirato studi che sono andati a ricongiungersi con quelli che misurano la volumetria, le connessioni e la connettività funzionale nel cervello schizofrenico.

Varie stime di misura hanno effettivamente rilevato che il talamo dei pazienti affetti da schizofrenia è di minori dimensioni del talamo delle persone non affette, fungenti da controllo[4].

Gli autori dello studio presentato la settimana scorsa non sembra abbiano recepito la “correzione” all’ipotesi apportata da David Lewis. In ogni caso, la loro impostazione tende ad individuare un elemento genetico dietro il fenomeno e, dunque, anche senza ammettere che non si tratterebbe di un’alterazione primaria del processo di potatura, ma di un difetto o eccesso di attività dei dendriti da selezionare che causa secondariamente alterazioni di eliminazione, l’elemento genetico identificato potrebbe conservare la sua significatività. In sintesi, i dati dello studio supportano una base genetica condivisa, dagli autori identificata con la variante genetica comune rs2696609, cromosomicamente localizzata nel locus Chr17q21.31 e alterata in modo opposto in ASD e schizofrenia.

Torniamo ora al lavoro di Richard Dear e colleghi.

Al primo e principale componente della trascrizione corticale C1, che identifica una gerarchia che va da aree senso-motorie ad aree associative, gli autori hanno aggiunto, elaborando dati dell’Allen Human Brain Atlas, due nuovi componenti dell’architettura dell’espressione genica: C2 e C3, che sono caratteristicamente arricchiti per processi neuronici, metabolici e immuni, per specifici tipi cellulari e citoarchitettonici, e per varianti genetiche associate all’intelligenza.

Poi, attingendo a questi datasets: “PsychENCODE”, “Allen Cell Atlas” e “BrainSpan”, i ricercatori hanno potuto stabilire che C1-C3 rappresentano programmi trascrizionali generalizzabili, che sono coordinati all’interno delle cellule ed espressi in modo differenziato per fasi durante lo sviluppo embrionario e post-natale.

In base all’espressione differenziata, a studi mediante metodiche di neuroimmagine e a studi di associazione estesi all’intero genoma (GWAS), i disturbi ASD erano associati a C1/C2, la schizofrenia a C3. Dalle analisi sono emerse evidenze convergenti a supporto, in particolare, di C3 come programma trascrizionale normativo per lo sviluppo del cervello adolescente, che può portare a connettività corticale sopragranulare atipica in persone ad alto rischio genetico di schizofrenia.

 

L’autore della nota ringrazia la dottoressa Isabella Floriani per la correzione della bozza e invita alla lettura delle recensioni di argomento connesso che appaiono nella sezione “NOTE E NOTIZIE” del sito (utilizzare il motore interno nella pagina “CERCA”).

 

Roberto Colonna

BM&L-27 aprile 2024

www.brainmindlife.org

 

 

 

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[1] Note e Notizie 20-04-24 Determinanti genetici condivisi da autismo e schizofrenia.

[2] Irwing Feinberg, Cortical Pruning and the Development of Schizophrenia. Schizophrenia Bulletin 16 (4): 567-568, 1990.

[3] Glausier J. R., and Lewis D. A., Dendritic Spine Pathology in Schizophrenia. Neuroscience 251: 90-107, 2013.

Per dettagliare altri aspetti interessanti del pruning eccessivo, sarebbe necessario introdurre nozioni di genetica.

[4] Note e Notizie 16-09-23 Appunti di neurobiologia della schizofrenia.